E’ stato quasi il solito Spezia, quello del primo tempo di ieri sera contro il Pisa.
Vincenzo Italiano s’è giocato tutta la “gamba” possibile nella prima frazione, coi tre corridori davanti, Gyasi, Nzola e Ragusa, dopo la defezione dell’ultim’ora, fastidiosa come un buon taglio sulla pelle, di Bidaoui.
Una defezione che il giorno dopo, a rinnovo rifiutato, appare come un addio anticipato.
L’ordine era un po’ quello: sgasare il primo tempo, indirizzare il match per provare a gestirlo nella ripresa.
Le aquile ci erano anche riuscite, con mezzora di focolai importanti sull’asse di destra ed un Gyasi che pareva davvero essere piovuto in una serata di grazia: un gol, una spina nel fianco continua, con la beffa di un raddoppio da lui più volte soltanto sfiorato.
Tanto cosi dal 2-0, quindi, da un risultato che avrebbe con ogni probabilità “ucciso” il match permettendo ai bianchi di gestire differentemente la ripresa, con le poche forze rimaste dopo la benzina spesa nel primo tempo e quella situazione cambi che non prometteva certo una ripresa con adeguata birra.
Il pareggio improvviso del Pisa, arrivato dopo uno dei tanti errori in disimpegno d’uno spaesato Vitale, non ha fatto altro che adempiere ad uno dei compiti crudeli e meravigliosi, per chi ci capita, del calcio: spostare l’inerzia di un match, togliere fiducia ed energie anche mentali alla squadra che fin li aveva fatto tutto più o meno a modo, correndo molto.
Da li, lo Spezia non ha più avuto la necessaria brillantezza e cattiveria per andare a riprendersi questo derby ed il relativo secondo posto in classifica.
La ripresa ha visto si, un predominio territoriale degli uomini di Italiano, ma abbastanza sterile, ampiamente e comprensibilmente sotto ritmo, vista la situazione in panchina e l’impossibilità di sfruttare quella che doveva essere un’arma in più in questa ripresa del campionato, ossia la possibilità dei cinque cambi.
L’ingresso di Marchizza più di quello di Mastinu – preferito a Mora – ha permesso di dare forza e impulso positivo al binario di sinistra, purtroppo però mai in maniera del tutto efficace in termini di occasioni da rete.
E quando il tecnico aquilotto ha puntato sulla doppia punta Galabinov – Gudjohnsen, si è andati letteralmente a sbattere sul muro pisano. Squadra ostica, fisica, scorbutica, che metti in difficoltà solo allargando il campo e tenendo alto il ritmo del palleggio.
Ma a quel punto i bianchi non ne avevano più per arrivare sul fondo con buona regolarità e servire i due centravanti di peso come amano essere serviti.
Ecco perchè, sempre col senno del poi e ragionando a bocce ferme, puntare subito su Mastinu e Galabinov davanti, assieme a Gyasi, avrebbe poi permesso, con Nzola e Ragusa nella ripresa, di “strappare” nel lungo periodo.
Tesi, questa, che sarebbe stata vana se avessimo realizzato quella rete del raddoppio davvero sfiorata nel primo tempo.
C’è quindi anche un po’ di sfortuna di fondo, per quella regola dei centimetri che tutto può davvero decidere in un lampo.
In questo, mister Italiano non è stato aiutato dalla buona sorte.
Un incidente di percorso, per quanto doloroso se pensiamo al campanile e ai sei punti che i toscani ci hanno rocambolescamente tolto in campionato, quasi senza accorgersene.
L’auspicio è che a Frosinone possa ripartire la marcia di questo gruppo che, non dimentichiamolo, veniva da due vittorie importantissime e dispendiose contro Empoli e Chievo, che ha permesso di ridurre sensibilmente il gap col secondo posto.
Molto, venerdì sera, dipenderà ancora e sempre dagli episodi, dai centimetri, dalla cura di ogni dettaglio.
Da averne un po’ di più rispetto al Frosinone, in tutti i sensi possibili.
Da quello che Crotone – che prima o poi tornerà a vincere – e Cittadella – che prima o poi frenerà – combineranno sui loro campi.
E dal recupero, indispensabile, degli indisponibili.
