10 anni fa “Lo Spezia siamo noi”, oggi siamo questi: perché?

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Una squadra in salute, che diverte ed inizia a far sognare, un pareggio a Brescia condito da 4 gol che solo un arbitraggio assurdo non ha trasformato in una legittima vittoria, avrebbero fatto pensare ad un colpo d’occhio diverso con la Cremonese.
Invece così non è stato ed il Picco, nonostante l’orario tutt’altro che disagevole, si è presentato con larghissimi vuoti, specie nel cuore del tifo, la Curva Ferrovia.

Un fenomeno preoccupante che sta interessando la nostra tifoseria in maniera particolare negli ultimi due anni, un calo di abbonati, un calo di spettatori che sembra inesorabile nonostante quest’anno la squadra stia crescendo di partita in partita e giochi un calcio quasi sempre spettacolare.

Ma cosa è cambiato in questi ultimi tempi da far allontanare dal Picco una fetta consistente della tifoseria?
Quali i motivi, quali le soluzioni per far si che una squadra così bella sia seguita da un pubblico adeguato?

Proveremo in questi giorni a parlare di questo argomento, anche con la vostra collaborazione, per cercare di sviscerare quelli che possono essere i motivi di questo distacco e le possibili soluzioni per attirare più tifosi laddove in tempi anche recenti si recavano con assiduità.
Iniziamo con una lettera del tifoso Luca Ventura che troverete anche su facebook (la foto di cui parla è quella della Ferrovia vuota) e che descrive la situazione dal suo punto di vista, risposte a questa, ma anche le Vostre considerazioni le potete postare sul Gruppo di facebook Voglia di Spezia, oppure inviarle a [email protected]

Di fronte a questa foto ogni risultato sportivo non è più importante, perde di senso, non ha più senso. “Lo Spezia siamo noi” cantavamo 10 anni fa, ed è vero, lo Spezia siamo noi. Pertanto se noi oggi siamo questi (e non c’è nessuna attenuante perché in Spezia-Benevento disputata di domenica alle ore 15 con sole e caldo e in piena sosta nazionali lo spettacolo era poco meno desolante) forse sarebbe meglio non essere in Serie B ma altrove, dove questa vergogna non è visibile al resto d’Italia, in modo da non disonorare, macchiare, sporcare decenni di tifo che non meritano questa assurda e impronosticabile fine, cioè la morte nel momento di maggior gloria sportiva dal 1951 a oggi, al settimo anno consecutivo di quella B sognata per 55 anni.

C’entrano sicuramente fattori di ordine generale, il deperimento di tutto il panorama calcistico nazionale che non sia costituito dalle solite 3 squadre con la maglia a strisce, lo scempio della B a 19 squadre con la classifica mai completa, gli orari impossibili e sempre diversi, una stampa sportiva nazionale spregevole che porta i giovani ad apprezzare soltanto i Cristiano Ronaldo e a disinteressarsi di tutto il resto del mondo del calcio. Tutto questo c’è, e la foto sopra può ritenersi un simbolo della fine del calcio dei tempi che furono e più in generale l’emblema di una società moderna sempre più atomizzata, dove né la chiesa, né lo stadio, né il bar, né il partito sono più luogo di aggregazione e motivo di appartenenza.

Ma tutto questo, che è una delle concause del perché è stato impossibile sabato sera uscire dal Picco parlando di campo nonostante la bellissima partita dell’undici di Marino contro la Cremonese di anticalcio Rastelli, ci impedirebbe di vedere le cause locali che hanno esaltato la tendenza nazionale allo svuotamento degli stadi e che hanno portato a una cornice di pubblico che ci mette allo stesso livello di realtà come Entella, Pro Vercelli e Carpi.

Anche non sapendo nulla di dinamiche interne alla Curva, quel che importa è il risultato visibile nella foto. Inevitabile se i sintomi sono stati nell’ordine la maglietta strappata dalle mani di un tifoso a Brescia; la immotivata aggressione fallita ai veneziani (almeno una volta gli agguati riuscivano, ora manco più quello) che ha portato la sproporzionata e ottusa reazione della questura con 2 camionette di poliziotti in tenuta da guerra in Via dei Pioppi e una ventina di pattuglie sparse tra Viale Amendola e Viale Italia nel dopo Spezia-Cremonese; le scritte contro Terzi e le infamanti accuse che hanno costretto Gilardino a dover lasciare lo Spezia dopo l’immeritata sconfitta subita contro il Parma; l’aver rotto gemellaggi storici e l’aver successivamente pressoché sostituito la rivalità e i cori contro la Reggiana con quelli contro il Parma (come se la natura e la storia di una tifoseria e di una città possano piegarsi alle beghe tra bande di esaltati); l’aver proibito (anche se per proibire bisognerebbe avere una autorità perlomeno morale che la foto sopra toglie) per mesi e mesi ai tifosi di ricevere magliette dai giocatori a fine partita; l’aver proibito i cori di incoraggiamento verso il singolo giocatore, perché è anche vero che sono “mercenari” (detto meglio “professionisti”) ma ci mettono cuore e impegno, ci fanno vincere, divertire ed emozionare.

Lo Spezia siamo noi, è vero, ma la maglia cammina addosso a loro che vanno in campo, e i cori e l’esaltazione verso il singolo sono ciò che appassiona il bambino e non solo il bambino al gioco del calcio. Se si parte dal fatto che giocano solo per guadagnare e pertanto non meritano cori di incoraggiamento al singolo, ma solo di astratto amore verso la maglia, senza nessun riferimento al campo, ecco che poi è inevitabile che venga a crearsi quell’ambiente freddo che sta rendendo il Picco sempre più vuoto ed irriconoscibile.

Enrico Lazzeri
Enrico Lazzeri
Nato a La Spezia, è il Direttore Responsabile della testata, segue lo Spezia con passione e trasporto dai primi anni '80 prima da tifoso, poi da tecnico televisivo ed infine da giornalista. Per anni Direttore di Astroradio, collabora con Tele Liguria Sud dagli anni 80, attualmente opinionista nella trasmissione Voglia di Spezia al giovedì sera.

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